Ieri ho fatto l’Ironman full di Nizza. Non so se sia stata più dura la gara o il tentativo di non sciogliermi come un ghiacciolo abbandonato al sole. Faceva talmente caldo che la muta è stata bandita senza appello. Neanche fossimo a fare il bagno a Ferragosto.
Nonostante tutto, ho nuotato decentemente: 1h08 e un onorevole 14° di categoria. Dai, c'è chi affoga anche con la muta, quindi mi accontento.
T1… parliamone. Una maratona nella maratona: prima attraversi tutta la zona cambio del 70.3 (partito un’ora prima, beati loro), poi finalmente arrivi alla tua bici. In 6 minuti sono in sella. Pronto per quello che ho prontamente ribattezzato: “il Calvario”.
La bici e io abbiamo un rapporto complicato. Lei ama le salite, io no. E qui le salite non mancano. Appena 10 km di riscaldamento (che poi, con 35 gradi, di caldo ce n’era già abbastanza), ed ecco due salitelle al 14% giusto per dire: “Benvenuto, cretino!”. Le gambe gridano vendetta, ma il bello — o meglio, l’incubo — arriva al km 40: 19 km di salita sotto il sole a picco. Roba che nemmeno Fantozzi in bici con la nuvola personale. E questa era solo la terza delle dieci salite. Sì, dieci. Chi le ha contate? Le mie lacrime.
Il sole continua a picchiare duro, i ristori diventano docce mobili. Acqua in testa ogni 15 minuti o si finisce a Nizza… all’obitorio. Le ore passano, le salite pure, e alla fine si intravede il rettilineo finale. Non ho più gambe. Gli ultimi 5 km di pianura li faccio a 27 km/h controvento. Sembro un mobile Ikea trascinato in salita.
Arrivo in T2 e colgo l’occasione per rimettermi la crema solare (non si sa mai che a ottobre mi riconoscano come “quello ustionato di Nizza”) e faccio una sosta strategica al bagno. Poi via, si corre! Si fa per dire.
I primi 10 km li passo camminando ai ristori, rovesciandomi addosso ogni liquido disponibile: acqua, coca-cola, elettroliti, cocomero… una sorta di cocktail tropicale da triatleta disperato. I gel? Evitati come ex tossici davanti a una pasticceria: col caldo diventano bombe nucleari per l’intestino.
Finalmente, dal terzo giro in poi, un po’ d’ombra grazie alle palme e ai palazzi. Comincio a sentirmi quasi umano. L’arrivo è come sempre una festa. Gente che urla, tifo, emozione.
Poi la voce dallo speaker: “Luca, you are an Ironman!”
Ma va là. Sono la solita pippa al sugo. Però per qualche secondo ci credo. E sai che c’è? È bello così.